La Statale ha abolito le tasse per i dottorandi senza borsa!
Standard post by formenti on 2017-03-29
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Le ultime news sui dottorati Unimi
Standard post by formenti on 2017-03-29
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Standard post by formenti on 2017-01-22
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Cari colleghi,
venerdì 20 gennaio si è riunita Amista, l’associazione degli ex-studenti di Unimi.
Questa associazione di Alumni, voluta dall’attuale Rettore Gianluca Vago, aveva visto la luce già tre anni fa con la fondazione da parte di Umberto Veronesi, Eva Cantarella, Gianpiero Sironi, Mauro Moroni, Pier Mannuccio Mannucci, Alberto Martinelli, Vincenzo Ferrari, Salvatore Veca e Ferruccio de Bortoli.
Tuttavia, per una serie di problemi, non aveva ancora potuto svilupparsi.
Nuova linfa è arrivata in questi ultimi mesi grazie a diversi contributi individuali, primo fra tutti quello del prof. Gian Luigi Gatta, che aveva già dato un grande contributo all’unica associazione di Alumni di Unimi attualmente funzionante, quella di Giurisprudenza.
Come sapete, nel mio programma elettorale avevo espresso il desiderio di far nascere una nostra associazione di Alumni. Per massimizzare le probabilità di successo, di concerto con l’Ateneo, ho ritenuto opportuno che questa confluisse in Amista. Il prof. Gatta, nuovo presidente di Amista, mi ha chiesto di far parte del Consiglio direttivo di Amista e ho accettato nella speranza che insieme potremo farla crescere con mutuo beneficio dei soci e della nostra università.
Come recita il suo Statuto, scopo di Amista – associazione apolitica e aconfessionale – è quello di diffondere i valori di Unimi e perseguire finalità culturali favorendo lo sviluppo, la conoscenza, lo scambio tra le diverse tradizioni culturali e i reciproci contatti tra gli associati e il mantenimento del loro rapporto con l’università.
Insieme ad un nostro ex-collega, Leonardo Manfrini, avevamo già elaborato una proposta di azioni utili alla valorizzazione dei dottori di ricerca all’interno di Amista.
Pagine di presentazione individuali, riunioni annuali, opportunità di networking, progetti culturali, incontri, convegni, placement, una tessera di servizi, email istituzionale, spazi, corsi, counseling, convenzioni, premi, incubazione di imprese e start up nonché accesso al servizio bibliotecario e alle riviste. Questi alcuni dei servizi che avevamo pensato di attivare a fronte dell’iscrizione.
Ovviamente molto di quanto si potrà fare dipenderà anche dalla volontà di chi intende associarsi. E cioè da voi!
Speriamo di cominciare a mettere in piedi i servizi e aprire le iscrizioni già nelle prossime settimane! Stay tuned.
Standard post by formenti on 2016-12-29
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Prendo la parola in questa pausa festiva per cercare di ricostruire e commentare alcuni momenti un po’ difficili dell’ultimo mese. Momenti che mi hanno visto, volente o nolente, protagonista in quanto destinatario di una serie di accuse molto gravi.
Preciso da subito che questa lettera si rivolge ad un numero relativamente limitato di colleghi che, attivamente o passivamente, si sono occupati delle vicende di cui mi accingo a parlare e ai quali ritengo siano necessarie delle spiegazioni. Spiegazioni che richiedono al lettore un po’ di tempo e pazienza.
Ho aspettato fino ad oggi perché se c’è una cosa che ho imparato negli anni è l’utilità del ragionamento a mente sgombra. Come esseri umani siamo intimamente imperfetti e la razionalità, che pure richiede fatica, viene facilmente meno nei momenti bui. Meglio allora cercare di mettersi in condizioni di relativa tranquillità per una disamina analitica.
Il ‘plagio’. All’inizio di questo mese alcuni colleghi mi hanno accusato pubblicamente di plagio in relazione ai risultati del questionario che furono inviati dal sottoscritto il 30 marzo 2016 al Consiglio d’Amministrazione della nostra università per sostenere la richiesta di aumento della borsa di dottorato per tutti i dottorandi Unimi. Tale richiesta, sotto forma di petizione online, era stata a sua volta presentata sempre dal sottoscritto, unitamente alla relativa raccolta firme, il 2 febbraio 2016 in un primo incontro con il Rettore della nostra università.
La storia che qui cerco di ricostruire ha tre protagonisti principali oltre a me. Nonostante si siano pubblicamente esposti essi stessi, per brevità e rispetto li citerò solo tramite le loro iniziali. Sono molto più interessato a far luce sulla mia posizione personale e riflettere sul senso generale degli avvenimenti che ad additare singoli individui.
Il primo dei protagonisti, il nostro collega FB, in una mail iniziale significativamente intitolata “Plagio e rappresentanza”, e inviata il 5 dicembre 2016 ai colleghi rappresentanti nei singoli corsi di dottorato attraverso la mailing-list che avevo creato per scambiarci informazioni, scriveva:
“Confidiamo che l’intervistato (il sottoscritto, N. d. A.) abbia riportato correttamente le informazioni al giornalista AP, e che l’imprecisione sia dovuta esclusivamente ad esigenze redazionali di sintetizzare le informazioni per la pubblicazione online. Sarebbe infatti molto grave dover prendere atto che un collega, alle cui responsabilità scientifiche si aggiungono quelle pubbliche di rappresentante, sia responsabile di un caso evidente di plagio.”
L’email era firmata “I dottorandi del NASP”. Sono comunque propenso a pensare che si sia trattato di un’iniziativa prevalentemente personale.
Il contenuto della stessa email veniva poi ripreso il giorno successivo da GP, un altro collega e il secondo dei nostri protagonisti, nel gruppo di discussione contenente circa 600 tra colleghi ed ex-colleghi che avevo creato per cercare di riunire il corpo dottorale e i Ph.D. Alumni dell’università di Milano, con queste parole:
“Qualche giorno fa è stato postato in questo gruppo un articolo di giornale che riguarda da vicino una buona parte di dottorandi della Statale. Siccome l’articolo riferisce informazioni colpevolmente false, riporto di seguito una risposta che ho contribuito a scrivere con alcuni colleghi.”
Qual era il casus belli che aveva generato questa situazione? Si trattava di un articolo di giornale, l’articolo cui fanno riferimento FB e GP, che era uscito sull’edizione online nazionale de La Stampa a firma del giornalista AP il 2 dicembre 2016 con il titolo “Milano quanto mi costi! Nella città verticale vivere da dottorando costa minimo 1.200 euro al mese” (link).
La polemica di FB e GP fu ulteriormente ripresa il giorno stesso dal terzo protagonista, il collega MP, in un altro gruppo di discussione, quello dell’ADI (Associazione Dottorandi Italiani), di cui MP è attualmente membro nonché rappresentante eletto presso il CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) e il CUN (Consiglio Universitario Nazionale).
Sempre il 6 dicembre 2016, in un’occasione pubblica, FB e MP hanno reiterato verbalmente le loro accuse di plagio. Questo è ciò di cui sono stato direttamente testimone. Non escludo – e anzi ritengo probabile – che le stesse accuse siano state reiterate numerose volte in altre sedi.
In seguito GP ha anche chiesto la pubblicazione di una rettifica del suddetto articolo al giornale La Stampa. Il giornale, a seguito delle pressioni effettuate tramite Twitter da GP stesso, ha deciso di pubblicare la lettera con cui GP chiedeva la rettifica facendola seguire da una replica dell’autore dell’articolo, AP. Nella richiesta di rettifica GP dice:
“Come abbiamo già segnalato, tuttavia, Formenti non ha in alcun modo partecipato alla produzione dello studio, che è stato elaborato principalmente da FB e dal sottoscritto, e successivamente analizzato da MP. In accordo con noi autori, Formenti ha unicamente presentato i risultati da noi ottenuti all’interno del Senato Accademico e, ribadisco, non ha partecipato allo studio.”
E sottolinea la frase incriminata dell’articolo:
“In nessun modo, dunque, corrisponde a realtà la frase riportata nell’articolo: ‘Lo slalom tra i costi della vita e della ricerca a Milano è stato analizzato da Giulio Formenti, rappresentante dei dottorandi della Statale con l’ausilio del Nasp, il centro studi sociali dell’ateneo.”
Faccio presente che di formazione sono un Naturalista (Laurea in Scienze Naturali, Dottorato in Scienze Ambientali). Quindi per nulla interessato dal punto di vista professionale ad intestarmi risultati scientifici derivanti da ricerche di natura sociale, specie se altrui.
Tuttavia, un’accusa di plagio è in assoluto tra le più infamanti che si possano muovere nella comunità scientifica.
Lo ripeto perché sia chiaro: l’accusa di plagio, insieme forse solo a quella di falsificazione, è l’accusa più grave che si può muovere ad un collega all’interno dell’Accademia. Non andrebbe né mossa né trattata con leggerezza.
Pertanto, quest’accusa mi ha mio malgrado seriamente imposto di interrogarmi sulla fondatezza delle contestazioni e, successivamente, mi ha impegnato ad una replica formale che chiarisca dal mio punto di vista quale sia la verità, come mi accingo a fare (cosa io intenda per ‘verità’ l’ho scritto qui). In questo so di avere una responsabilità istituzionale pubblica (per quanto limitata) alla quale non intendo sottrarmi.
Plagio dunque? Secondo il Grande Dizionario Italiano Hoepli si tratta di appropriazione, riproduzione e pubblicazione anche parziale di un’opera altrui, letteraria, scientifica, artistica, che si fa passare come propria.
E allora iniziamo il fact checking (o, come va di moda chiamarlo oggi, il debunking).
Contrariamente a quanto scrive GP nella sua rettifica a La Stampa, non ho mai presentato al Senato Accademico i risultati del sondaggio. Li ho invece inviati il 30 marzo 2016 al Consiglio d’Amministrazione accompagnandoli con queste parole: “[…] abbiamo intrapreso, con volontà conoscitiva e istruttoria, un vero e proprio censimento sul costo della vita atto a valutare la situazione economica dei dottorandi Unimi. Al censimento, specificatamente realizzato e successivamente elaborato da alcuni dottorandi del NASP (Network for the Advancement of Social and Political Studies) e somministrato per via telematica, hanno partecipato 458 colleghi regolarmente autenticati tramite numero di matricola.” (Il testo completo)
Fin qui – secondo la definizione – nessun plagio dunque. Gli autori sono stati correttamente citati.
Era peraltro chiaro a tutti fin da subito che lo scopo del sondaggio non era quello di realizzare una pubblicazione scientifica bensì quello di sostenere la causa dell’aumento della borsa di dottorato. All’epoca feci avere i risultati del sondaggio anche ad alcuni giornalisti. Lo feci per un’ottima ragione: per quanto i segnali fossero positivi, non vi era certezza che la richiesta dell’auspicato aumento sarebbe andata a buon fine. Mostrare, attraverso una copertura a mezzo stampa, che l’aumento era necessario e che i dottorandi lo meritavano poteva essere utile, o almeno questa era stata la mia valutazione. In ogni caso i meriti furono anche in questa occasione correttamente attribuiti.
Uscirono articoli che si richiamavano alla vicenda e al sondaggio sulle edizioni locali de La Repubblica, Il Corriere e Il Giorno. In particolare, tra i giornalisti raggiunti vi era anche AP, autore di un articolo il 7 aprile 2016 su Il Giorno. Il 4 aprile 2016, con tre giorni di anticipo, avvisai della cosa tramite email proprio i tre protagonisti FB, GP e MP:
“Ciao ragazzi,
domani, per un caso che direi più che fortuito, dovrebbe uscire un altro articolo, stavolta su Il Giorno. […] Sicuramente ci saranno delle interviste […] e forse qualcosa sul sondaggio.”
Non ricevetti alcuna risposta negativa in tal senso. Con questo si conclude qualsiasi opera di divulgazione di questo sondaggio e dei suoi risultati da parte mia.
Molto tempo dopo che i dati erano stati dati ai giornali e resi pubblici, a fine novembre 2016, vengo ricontattato da AP, il giornalista dell’articolo di cui sopra. AP si dichiara interessato a riprendere la vicenda in concomitanza con il versamento sul conto corrente dell’atteso aumento, nell’ottica di rilanciare il “modello Milano” (i. e. l’aumento della borsa) estendendolo su scala nazionale. Occorre sottolineare che nel successivo articolo del 2 dicembre 2016 su La Stampa AP citerà sostanzialmente gli stessi dati che aveva già usato nell’articolo de Il Giorno del 7 aprile 2016.
Tuttavia, l’articolo, oltre ad una grandissima ricaduta in termini di visibilità e condivisioni in tutta Italia, scatena la polemica per la frase che ho già ricordato:
“Lo slalom tra i costi della vita e della ricerca a Milano è stato analizzato da Giulio Formenti, rappresentante dei dottorandi della Statale con l’ausilio del Nasp, il centro studi sociali dell’ateneo.”
Analizzato. Ciò che scatena questa catena di reazioni nei miei confronti è una singola parola (parola che per inciso non ho scritto io).
Ma come diceva Nanni Moretti dopotutto le parole sono importanti. E d’altra parte, come rileva GP nella sua richiesta di rettifica il sottoscritto non ha partecipato allo studio. Quindi si è appropriato ‘parzialmente’ di un’opera scientifica altrui. Quindi è colpevole di plagio. Parzialmente, perché il NASP, seppur malamente, è stato citato (ma non FB, GP o MP, questo anche perché banalmente i quotidiani tendono a citare le figure pubblico-istituzionali).
Ma le cose stanno davvero così? E’ l’autore stesso dell’articolo AP a chiarire, nella controreplica alla richiesta di rettifica di GP, lo stato delle cose:
“In base ai documenti visionati da La Stampa, il rappresentante dei dottorandi, Giulio Formenti, ha seguito lo studio nei minimi dettagli dopo averlo commissionato al Nasp come strumento aggiuntivo alla petizione. Il Nasp è stato correttamente citato e l’acronimo è stato semplificato per ragioni di spazio.”
Che farci? ‘E’ la stampa, bellezza!’ direbbe Humphrey Bogart.
Il mio contributo al sondaggio. Ma come nasce allora quest’idea dello studio che ho prontamente fatto mia senza in alcun modo prendervi parte?
Il 25 gennaio 2016, poco dopo essere stato ufficialmente eletto rappresentante, decido di convocare un primo incontro pubblico tra i dottorandi di Unimi. Tra le risposte che ricevo vi è anche quella di GP, il quale mi chiede di poter presentare i risultati di un sondaggio sul costo della vita promosso tra una settantina di dottorandi del NASP. Ovviamente accetto, e nel corso della discussione successiva, nasce l’idea di rilanciare il sondaggio estendendolo a tutto l’Ateneo nell’ottica di sostenere la richiesta di aumento fatta tramite la petizione online.
Di comune accordo decidiamo di procedere. FB e GP (ad un certo punto con l’ausilio di MP) cominciano a redigere una prima bozza di questionario mentre io vengo incaricato di capire attraverso il CTU (Centro Tecnologico Universitario) di Unimi se sia possibile realizzare un sondaggio online che fornisca un sistema di autenticazione ufficiale per la partecipazione dei dottorandi al questionario. Qualche tempo dopo vengo ricontattato da FB con la bozza di sondaggio e mi viene chiesto di proporre modifiche: la mia risposta contiene un elenco numerato con 28 suggerimenti di modifica. Mi viene inoltre chiesto di contattare altri dottorandi per un beta test.
Fatte tutte le modifiche del caso, il 7 marzo 2016, in qualità di rappresentante della generalità dei dottorandi Unimi, invio una mail ufficiale a tutti i colleghi chiedendo di compilare il sondaggio in quanto potenziale strumento utile al fine di raggiungere l’obiettivo dell’aumento della borsa. Rispondono positivamente 458 colleghi (quasi il 45%).
Da ultimo, in una notte frenetica prima della presentazione dello studio al CdA, lavoro sulla bozza di slide prodotte da MP per la lettera di accompagnamento al CdA, di modo che questi documenti trasmettano nel miglior modo possibile la necessità della nostra (giusta) richiesta d’aumento.
Dubito che facendo uno sforzo di onestà intellettuale si possa sostenere che non ho in alcun modo partecipato alla produzione dello studio. Ne approfitto comunque per annunciare che rinuncio ad essere elencato come coautore in qualsiasi lavoro scientifico dovesse derivare dallo studio oggetto del contendere.
La rappresentanza. Sono convinto che per una persona estranea ai fatti descritti sia abbastanza difficile comprendere il livore raggiunto dai toni di FB, GP e MP nell’escalation delle ultime settimane verso persone con cui, come si vede, per un tragitto non piccolissimo hanno attivamente collaborato. Per poterlo meglio comprendere è utile fare un passo indietro. Tutta questa vicenda infatti inizia un po’ prima dei fatti che vi ho raccontato sopra.
Dei tre protagonisti di questa vicenda (FB, GP e MP), due li ho incontrati quando ancora non ero rappresentante nel Senato Accademico. In particolare, il primo incontro di cui abbia memoria con FB e GP risale ad un momento di confronto che, proprio durante la campagna elettorale per il Senato, di concerto con la mia ‘sfidante’ avevamo organizzato per presentarci ai rappresentanti dei dottorandi eletti all’interno dei singoli corsi di Unimi. Nel corso di questo incontro FB (rappresentante) e GP (non rappresentante) erano venuti in quanto amici dell’altra candidata. A quanto mi risulta l’avevano sostenuta fin dalla sua prima candidatura, già un anno prima. Insieme a loro erano anche presenti alcuni dottorandi e assegnisti di un’altra università milanese, la Bicocca, in qualità di membri dell’associazione ADI (di cui MP diventò poi esponente di spicco) che all’epoca aveva anche lei appoggiato la candidatura della mia ‘sfidante’. Io mi ero presentato solo.
Comunque, cosa successe poi è storia nota: venni eletto io, e successivamente l’università decise di accogliere la richiesta d’aumento contenuta nella petizione online.
Le nostre debolezze. Cosa spiega allora l’inversione di 360° nel comportamento di FB, GP e MP tra aprile e dicembre?
Una ‘curiosa fatalità’ – non saprei come altro definirla – volle che proprio alcuni membri del comitato elettorale della mia sfidante (compresi FB, GP e MP e la mia stessa sfidante) facessero parte del consorzio ‘interuniversitario’ di cui Unimi è sede amministrativa nel quale, come recita il testo della delibera del CdA, “in attesa della ridefinizione delle collaborazioni attualmente in essere con le altre università, è stato deciso di non elevare il valore delle borse di studio.”
Quindi FB, GP e MP, nonostante lo sforzo profuso, non videro i frutti del proprio lavoro. Tanti altri sì, me compreso. In coscienza posso dire che nel mare delle scelte possibili ero convinto di fare quelle più giuste. Quelle che avrebbero massimizzato i benefici per la collettività. Posso umanamente comprendere lo scoramento associato al fallimento. Ma non posso giustificare le indegne accuse che mi sono state rivolte.
In una serie di conversazioni telefoniche avevo poi fatto presente a FB che non dovevamo arrenderci, che dovevamo organizzarci per portare a casa il risultato di estendere l’aumento a più dottorandi possibili e che da parte mia ci sarebbe stato il massimo sostegno. Tuttavia non ricevetti più alcun contatto diretto o richiesta in tal senso da loro fino alle reazioni all’articolo di fine novembre dove mi si accusava di plagio. Eppure è chiaro come l’articolo de La Stampa andasse esattamente nella direzione di estendere l’aumento su scala nazionale.
Imparare dai propri errori. La diffamazione nel nostro ordinamento è un reato e può essere perseguita sia in sede penale che civile. Seppur convinto che infine avrebbe un esito positivo, difendermi come si deve nelle sedi opportune richiederebbe un debito di energie che possono essere sicuramente meglio spese. Stavolta passi.
Auspico però che chi si è macchiato di tali infamie gratuite se proprio non intende scusarsi quantomeno rifletta una volta per tutte sull’opportunità del proprio gesto. Imparando, come fanno tutte le persone di buona volontà e sana costituzione, dai propri errori.
Per completezza segnalo a tutti quanti qual’è la procedura corretta quando si ritengono lesi i propri diritti di proprietà intellettuale. La buona prassi prevede di contattare le persone interessate per un chiarimento. Qualora non soddisfatti, ci si può poi rivolgere alle strutture preposte e in particolare, per la nostra università, al Comitato Etico (artt. 11 e 13 del Codice Etico).
Cosa stiamo ricercando? Dovevo un pubblico chiarimento a quanti mi hanno sostenuto e mi sono stati vicini in questi mesi. Spero di avervi convinto della bontà del mio operato e dell’inconsistenza delle accuse che mi sono state rivolte.
Oltre che per il senso dell’onore che si accompagna al mio ruolo di ricercatore e di rappresentante, mi dispiace profondamente per la situazione che si è creata perché è davvero molto difficile far riconoscere e valorizzare la nostra professionalità all’interno dell’Ateneo, ancor più se la nostra comunità è lacerata da lotte intestine.
Ad ogni modo, con questo messaggio considero – ad oggi – chiusa per me la questione. Verrei meno al mio ruolo di vostro rappresentante se da domani non tornassi ad occuparmi di cercare di estendere i diritti di tutti i dottorandi (oltre che, lo ammetto, del mio percorso di dottorato).
Detto questo, non ho certo la pretesa di avere diritto all’ultima parola. In questo senso spesso mi piace citare il mio ‘eroe borghese’ Charles Darwin che, parlando di cose più interessanti, diceva:
“Sarà una lunga battaglia, anche dopo che saremo morti e sepolti…grande è il potere del travisamento.”
In cuor mio spero che non dovremo attendere la sepoltura per mettere tutti quanti la parola fine a questa vicenda. Comunque vada, nel frattempo dovremo cercare di dare di noi un’immagine d’integrità e professionalità nonché cercare di costituire un corpo dottorale unito che ci garantisca tutele sempre crescenti, dando lustro al nostro ruolo. Per questo, pur con i nostri umani limiti, nell’Accademia di cui aspiriamo a fare legittimamente parte dovremo continuare a coltivare esclusivamente il pensiero critico e le certe dimostrazioni.
Noi siamo il futuro, non dimentichiamocelo mai.
Buon 2017,
Giulio
Standard post by formenti on 2016-12-23
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Standard post by formenti on 2016-12-15
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Duecento euro in più nella busta paga non cambiano la vita, ma permettono di arrivare a fine mese più sereni, soprattutto per chi fa ricerca in una città come Milano dove con la borsa di studio si riesce a stento a sopravvivere. Lo slalom tra i costi della vita e della ricerca a Milano è stato analizzato da Giulio Formenti, rappresentante dei dottorandi della Statale con l’ausilio del Nasp, il centro studi sociali dell’ateneo. Un questionario che accompagnato da una petizione online ha convinto il rettore, Gianluca Vago, a concedere duecento euro netti in più ai dottorandi. La borsa di studio è passata così da 1016 a 1218 euro, dal 24 novembre già nei conti correnti degli oltre mille dottorandi della Statale. Un aumento che ora fa gola ai dottorandi di tutti gli altri atenei italiani, che, da Napoli a Torino, vogliono imitare “il modello Statale”.
Continua a leggere sul sito de La Stampa:
Standard post by formenti on 2016-12-15
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Standard post by formenti on 2016-12-09
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Mercoledì 7 dicembre sarà molto probabilmente ricordato tra le date storiche per i nostri diritti di dottorandi. Infatti, nonostante il clima di incertezza politico-istituzionale in cui versa il Paese, l’approvazione della Legge di Stabilità con la fiducia ha portato con sé questa piccola dirompente frase:
“Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari della borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse o contributi a favore dell’università.”
Questo emendamento, presentato dal parlamentare del Partito Democratico Manuela Ghizzoni il 21 novembre (link), deriva dal lavoro portato avanti in questi mesi da ADI (Associazione Dottorandi Italiani):
https://dottorato.it/content/
For this result we have to thank the On. Manuela Ghizzoni and ADI (Associazione Dottorandi Italiani):
https://dottorato.it/content/
Standard post by formenti on 2016-11-30
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Questi gli interventi previsti:
Tavola rotonda, modera Tommaso Bellini (Delegato del Rettore ai Dottorati di ricerca di UniMi)
Dibattito su Le novità introdotte dalla legge di stabilità per il mondo universitario e i giovani ricercatori, modera Giulio Formenti (rappresentante dei dottorandi di UniMi)
Standard post by formenti on 2016-09-09
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Dopo il folgorante successo della recente campagna ministeriale in tema di fertilità, torno a parlare dei diritti di noi dottorandi.
Cosa prevede la nostra università (e più in generale la Legge) se durante il vostro percorso voi o la vostra compagna restate incinte?
Facile, vi spetta la maternità. Questo implica la possibilità di accedere all’INPS e ottenere l’erogazione di circa l’80% della borsa [1]. E inoltre avete diritto, secondo le regole interne di Unimi, al rimborso del restante (copertura completa, circa 20%) per i cinque mesi di maternità obbligatoria. Insomma per le dottorande della Statale il rimborso è del 100% della borsa nel periodo interessato.
Ciò in virtù di quanto disposto dall’art. 22 c. 10 del Regolamento Unimi in materia di dottorato di ricerca:
La frequenza del corso di dottorato è sospesa obbligatoriamente in caso di maternità, paternità, adozione e affidamento, ai sensi della vigente normativa in materia […] adeguatamente documentati. Alle dottorande si applicano le disposizioni a tutela della maternità di cui al decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale 12 luglio 2007.
Alcuni diritti dunque non valgono solo per la madre, ma anche in alcuni casi per il padre e non solo in caso di concepimento ma anche in caso di adozione o affidamento. Cosa prevede allora la normativa vigente, ed in particolare il decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale citato dal nostro regolamento (Decreto 247/2007)?
L’art. 1 c. 1 dice:
Il divieto di adibire le donne al lavoro per i periodi di cui all’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è esteso ai committenti di lavoratrici a progetto e categorie assimilate iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, di seguito definita «gestione separata», nonché agli associanti in partecipazione, a tutela delle associate in partecipazione iscritte alla gestione medesima.
Noi come sapete siamo iscritti alla gestione separata. Quindi le future e le neo mamme , per il periodo specificato dall’art. 16 del D.Lgs. 26/2001, non possono lavorare. Il periodo è così definito:
È vietato adibire al lavoro le donne (art. 16):
Inoltre (art. 20):
Qui si dice in sostanza che le donne possono decidere se assentarsi dal lavoro uno o due mesi prima del parto e nei tre o quattro mesi successivi,previo parere medico, fatto salvo che la durata complessiva del congedo di maternità non può comunque eccedere i 5 mesi [2].
Torniamo al D. 247/2007. L’ art. 5 recita:
In buona sostanza, se avete “lavorato” per almeno tre mesi nei dodici mesi precedenti avete diritto all’indennità, fatto salvo che vi sia certificata l’effettiva astensione da parte del datore di lavoro (l’università).
Ma in quali casi di preciso spetta l’indennità? Ecco cosa dicono gli articoli rilevanti del Decreto del Ministero del lavoro 4/2002:
Art. 1. – Indennità di maternità
Art. 2. – Indennità in caso di adozione o affidamento
E vale anche per i futuri papà, ma solo in caso di mancanza della mamma:
Art. 3. – Indennità di paternità
E quanto spetta d’indennità?
Art. 4. – Misura dell’indennità e modalità di erogazione
In sostanza l’INPS ci garantisce più o meno l’80% del reddito (della borsa) previa richiesta e con debita certificazione da parte dell’università. Ma non finisce qui perché fortunatamente la nostra università ha deliberato, per le dottorande con borsa Unimi, di contribuire direttamente per tutta la quota restante (circa il 20%). Quindi per i cinque mesi pre e post gravidanza le neo mamme saranno completamente retribuite ed inoltre non perderanno la fruizione della borsa (potendo in sostanza arrivare a 3 anni e 5 mesi di borsa). Inoltre questo reddito vale anche ai fini pensionistici [3].
E quando siamo ufficialmente una famiglia? Nell’art. 5 del medesimo decreto 4/2002 si disciplinano alcuni dei casi in cui si ha diritto agli assegni per il nucleo familiare.
Dunque, qualora quindi il ministero (o la vostra anima gemella) vi avesse convinto a riprodurvi nel più breve tempo possibile, sappiate che potete perlomeno contare su questi diritti.
Addendum
Come giustamente mi fa notare una nostra collega (che ha avuto ben due figli durante il dottorato, congratulazioni!!), si possono fare alcune precisazioni ulteriori (vedi richiami nel testo):
[1] Più correttamente l’INPS rimborsa l’80% della somma delle 12 mensilità precedenti / 12 (lo stipendio medio dell’anno precedente). Come chiarito dall’art. 4 c. 1 del D. 247/2007 riportato più sotto.
[2] Oltre ai 5 mesi obbligatori è possibile scegliere di usufruire di tre mesi aggiuntivi al 30% dello stipendio. Qui purtroppo Unimi non interviene.
[3] Ovvero alla fine del dottorato vi troverete ad avere maturato 3 anni e 5 mesi di contributi pensionistici. Un interessante e completo contributo sulla pensione dei giovani ricercatori (ahimè un po’ da aggiornare) è disponibile qui.
Standard post by formenti on 2016-07-07
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Ciò in virtù di quanto specificato nell’art. 45 del Regolamento Generale d’Ateneo:
c. 1 […] l’Ateneo […] può avvalersi, con il loro consenso e nel rispetto dei limiti di impegno eventualmente stabiliti dai rapporti in atto con l’Ateneo medesimo […] di laureati impegnati in corsi post lauream […].
c. 2 I Consigli dei Dipartimenti deliberano sulle proposte di attivazione degli incarichi in questione avanzate dai Collegi didattici interessati, previo accertamento delle oggettive necessità, non altrimenti ovviabili, che le motivano, e sui criteri di selezione. Gli incarichi sono attribuiti dagli stessi Consigli dei Dipartimenti […] previa valutazione dei curricula dei candidati.
c. 3 […] l’impegno non può in alcun caso superare il limite di 40 ore per i dottorandi di ricerca (relativamente all’attività didattica integrativa).
c. 4 […] ai laureati impegnati in corsi post lauream, il compenso orario viene liquidato ad attività conclusa, in un’unica soluzione “una tantum”. Le attività svolte sono annotate in un registro degli impegni che i collaboratori sono tenuti a compilare e a far pervenire, a conclusione delle loro prestazioni, previa verifica e approvazione da parte del docente responsabile, al Direttore del Dipartimento ovvero al Presidente del Collegio didattico di riferimento, che, dopo averlo vidimato, provvede a trasmetterlo ai competenti uffici per dare corso alla corresponsione del compenso.
Come da Regolamento, le tariffe orarie per quanto attiene a noi dottorandi, sono state così deliberate dal Consiglio di Amministrazione:
Tutoraggio da € 25,00 a € 35,00
Esercitazioni € 45,00
100 ore per anno accademico, di cui massimo 40 ore per le attività di esercitazione
A questa pagina, oltre a molte di queste informazioni, è disponibile la modulistica relativa:
http://www.unimi.it/personale/
In merito alle attività didattiche e di tutoraggio, vi è un richiamo nel Regolamento in materia di dottorato di ricerca – spesso surrettiziamente utilizzato per aggirare quanto esposto sopra – che recita:
I dottorandi possono svolgere, quale parte integrante del progetto formativo, previo nulla osta del collegio dei docenti e senza che ciò comporti alcun incremento della borsa di studio, attività di tutorato a favore degli studenti dei corsi di laurea, di laurea magistrale e a ciclo unico, e, nel limite massimo di quaranta ore in ciascun anno accademico, attività didattica integrativa, propedeutica e di recupero. Tale limite viene meno trascorso il terzo anno di dottorato. Il dottorando può comunque essere impegnato nelle attività di cui al presente comma per non più di cento ore in uno stesso anno accademico. Gli iscritti a corsi di dottorato di area medica e gli iscritti ai corsi di dottorato di area veterinaria possono svolgere, previa autorizzazione del Collegio dei docenti, rispettivamente, attività clinico-assistenziale e attività nell’ambito dei servizi sanitari veterinari, secondo forme e modalità concordate con le strutture presso le quali le predette attività devono essere svolte.
La frase che ho evidenziato significa semplicemente che la borsa di dottorato che percepiamo mensilmente non è incrementata, non che non si possa essere normalmente pagati per il lavoro svolto con le modalità previste dall’art. 45. Questo è chiarito anche da una recente circolare che è stata inviata, anche su mia sollecitazione, a tutti i Dipartimenti.
Quasi scontato dire che, come dottorandi, non siamo obbligati a svolgere alcuna attività didattica o di tutoraggio, retribuita o meno.
Questo dunque è quanto è previsto dal Regolamento Generale dell’Università di Milano. Ciò che poi succede in realtà, mi dicono, è molto variabile. E’ chiaro che, al di la delle regole, il nostro potere contrattuale è sempre legato a molti fattori. Tuttavia è evidente che rinunciare a diritti che, per buone ragioni, ci sono garantiti dalle norme apre le porte a qualsiasi tipo di abuso per noi e per chi verrà dopo di noi.
Fatti due conti, forse ci conviene farci valere, non solo economicamente.
ADDENDUM
Un collega mi fa giustamente notare che un argomento forte a nostro favore è che esistono dei fondi ministeriali specifici dedicati a queste attività che dunque possono evitare di gravare sui fondi dipartimentali. Ciò è chiarito dal DM 976/2014 all’art. 2 che a sua volta si rifà ai precedenti DM del 2003:
Art. 2
(Tutorato e attività didattiche integrative, propedeutiche e di recupero)
1. Per l’obiettivo di cui alla lett. b) della legge è destinato il 15% delle risorse del FGMS (Fondo Giovani e Mobilità Studentesca NdR) annualmente attribuibili alle Università statali. Le predette risorse sono ripartite in proporzione al costo standard definito in attuazione di cui all’art. 8 del d.leg.vo 29 marzo 2012, n. 49 relativo al totale degli studenti in corso nell’anno di riferimento che hanno ottenuto almeno 20 CFU.
2. Ciascun Ateneo eroga agli studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi di laurea magistrale o dottorato di ricerca assegni per l’incentivazione delle attività di tutorato, nonché per le attività didattico-integrative, propedeutiche e di recupero sulla base di criteri predeterminati dai competenti organi statutari. I predetti assegni sono cumulabili con la fruizione delle borse di studio di cui al d.leg.vo 29 marzo 2012, n. 68.
ADDENDUM 2
Purtroppo l’attività didattica e integrativa non si applica ai Master. Pertanto, non è possibile ricoprire ruoli didattici retribuiti all’interno dei master durante il percorso dottorale.