Prendo la parola in questa pausa festiva per cercare di ricostruire e commentare alcuni momenti un po’ difficili dell’ultimo mese. Momenti che mi hanno visto, volente o nolente, protagonista in quanto destinatario di una serie di accuse molto gravi.

Preciso da subito che questa lettera si rivolge ad un numero relativamente limitato di colleghi che, attivamente o passivamente, si sono occupati delle vicende di cui mi accingo a parlare e ai quali ritengo siano necessarie delle spiegazioni. Spiegazioni che richiedono al lettore un po’ di tempo e pazienza.

Ho aspettato fino ad oggi perché se c’è una cosa che ho imparato negli anni è l’utilità del ragionamento a mente sgombra. Come esseri umani siamo intimamente imperfetti e la razionalità, che pure richiede fatica, viene facilmente meno nei momenti bui. Meglio allora cercare di mettersi in condizioni di relativa tranquillità per una disamina analitica.

Il ‘plagio’.  All’inizio di questo mese alcuni colleghi mi hanno accusato pubblicamente di plagio in relazione ai risultati del questionario che furono inviati dal sottoscritto il 30 marzo 2016 al Consiglio d’Amministrazione della nostra università per sostenere la richiesta di aumento della borsa di dottorato per tutti i dottorandi Unimi. Tale richiesta, sotto forma di petizione online, era stata a sua volta presentata sempre dal sottoscritto, unitamente alla relativa raccolta firme, il 2 febbraio 2016 in un primo incontro con il Rettore della nostra università.

La storia che qui cerco di ricostruire ha tre protagonisti principali oltre a me. Nonostante si siano pubblicamente esposti essi stessi, per brevità e rispetto li citerò solo tramite le loro iniziali. Sono molto più interessato a far luce sulla mia posizione personale e riflettere sul senso generale degli avvenimenti che ad additare singoli individui.

Il primo dei protagonisti, il nostro collega FB, in una mail iniziale significativamente intitolata “Plagio e rappresentanza”, e inviata il 5 dicembre 2016 ai colleghi rappresentanti nei singoli corsi di dottorato attraverso la mailing-list che avevo creato per scambiarci informazioni, scriveva:

“Confidiamo che l’intervistato (il sottoscritto, N. d. A.) abbia riportato correttamente le informazioni al giornalista AP, e che l’imprecisione sia dovuta esclusivamente ad esigenze redazionali di sintetizzare le informazioni per la pubblicazione online. Sarebbe infatti molto grave dover prendere atto che un collega, alle cui responsabilità scientifiche si aggiungono quelle pubbliche di rappresentante, sia responsabile di un caso evidente di plagio.”

L’email era firmata “I dottorandi del NASP”. Sono comunque propenso a pensare che si sia trattato di un’iniziativa prevalentemente personale.

Il contenuto della stessa email veniva poi ripreso il giorno successivo da GP, un altro collega e il secondo dei nostri protagonisti, nel gruppo di discussione contenente circa 600 tra colleghi ed ex-colleghi che avevo creato per cercare di riunire il corpo dottorale e i Ph.D. Alumni dell’università di Milano, con queste parole:

“Qualche giorno fa è stato postato in questo gruppo un articolo di giornale che riguarda da vicino una buona parte di dottorandi della Statale. Siccome l’articolo riferisce informazioni colpevolmente false, riporto di seguito una risposta che ho contribuito a scrivere con alcuni colleghi.”

Qual era il casus belli che aveva generato questa situazione? Si trattava di un articolo di giornale, l’articolo cui fanno riferimento FB e GP, che era uscito sull’edizione online nazionale de La Stampa a firma del giornalista AP il 2 dicembre 2016 con il titolo “Milano quanto mi costi! Nella città verticale vivere da dottorando costa minimo 1.200 euro al mese” (link).

La polemica di FB e GP fu ulteriormente ripresa il giorno stesso dal terzo protagonista, il collega MP, in un altro gruppo di discussione, quello dell’ADI (Associazione Dottorandi Italiani), di cui MP è attualmente membro nonché rappresentante eletto presso il CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) e il CUN (Consiglio Universitario Nazionale).

Sempre il 6 dicembre 2016, in un’occasione pubblica, FB e MP hanno reiterato verbalmente le loro accuse di plagio. Questo è ciò di cui sono stato direttamente testimone. Non escludo – e anzi ritengo probabile – che le stesse accuse siano state reiterate numerose volte in altre sedi.

In seguito GP ha anche chiesto la pubblicazione di una rettifica del suddetto articolo al giornale La Stampa. Il giornale, a seguito delle pressioni effettuate tramite Twitter da GP stesso, ha deciso di pubblicare la lettera con cui GP chiedeva la rettifica facendola seguire da una replica dell’autore dell’articolo, AP. Nella richiesta di rettifica GP dice:

“Come abbiamo già segnalato, tuttavia, Formenti non ha in alcun modo partecipato alla produzione dello studio, che è stato elaborato principalmente da FB e dal sottoscritto, e successivamente analizzato da MP. In accordo con noi autori, Formenti ha unicamente presentato i risultati da noi ottenuti all’interno del Senato Accademico e, ribadisco, non ha partecipato allo studio.”

E sottolinea la frase incriminata dell’articolo:

In nessun modo, dunque, corrisponde a realtà la frase riportata nell’articolo: ‘Lo slalom tra i costi della vita e della ricerca a Milano è stato analizzato da Giulio Formenti, rappresentante dei dottorandi della Statale con l’ausilio del Nasp, il centro studi sociali dell’ateneo.”

Faccio presente che di formazione sono un Naturalista (Laurea in Scienze Naturali, Dottorato in Scienze Ambientali). Quindi per nulla interessato dal punto di vista professionale ad intestarmi risultati scientifici derivanti da ricerche di natura sociale, specie se altrui.

Tuttavia, un’accusa di plagio è in assoluto tra le più infamanti che si possano muovere nella comunità scientifica.

Lo ripeto perché sia chiaro: l’accusa di plagio, insieme forse solo a quella di falsificazione, è l’accusa più grave che si può muovere ad un collega all’interno dell’Accademia. Non andrebbe né mossa né trattata con leggerezza.

Pertanto, quest’accusa mi ha mio malgrado seriamente imposto di interrogarmi sulla fondatezza delle contestazioni e, successivamente, mi ha impegnato ad una replica formale che chiarisca dal mio punto di vista quale sia la verità, come mi accingo a fare (cosa io intenda per ‘verità’ l’ho scritto qui). In questo so di avere una responsabilità istituzionale pubblica (per quanto limitata) alla quale non intendo sottrarmi.

Plagio dunque?  Secondo il Grande Dizionario Italiano Hoepli si tratta di appropriazione, riproduzione e pubblicazione anche parziale di un’opera altrui, letteraria, scientifica, artistica, che si fa passare come propria.

E allora iniziamo il fact checking (o, come va di moda chiamarlo oggi, il debunking).

Contrariamente a quanto scrive GP nella sua rettifica a La Stampa, non ho mai presentato al Senato Accademico i risultati del sondaggio. Li ho invece inviati il 30 marzo 2016 al Consiglio d’Amministrazione accompagnandoli con queste parole: “[…] abbiamo intrapreso, con volontà conoscitiva e istruttoria, un vero e proprio censimento sul costo della vita atto a valutare la situazione economica dei dottorandi Unimi. Al censimento, specificatamente realizzato e successivamente elaborato da alcuni dottorandi del NASP (Network for the Advancement of Social and Political Studies) e somministrato per via telematica, hanno partecipato 458 colleghi regolarmente autenticati tramite numero di matricola.” (Il testo completo)

Fin qui – secondo la definizione – nessun plagio dunque. Gli autori sono stati correttamente citati.

Era peraltro chiaro a tutti fin da subito che lo scopo del sondaggio non era quello di realizzare una pubblicazione scientifica bensì quello di sostenere la causa dell’aumento della borsa di dottorato. All’epoca feci avere i risultati del sondaggio anche ad alcuni giornalisti. Lo feci per un’ottima ragione: per quanto i segnali fossero positivi, non vi era certezza che la richiesta dell’auspicato aumento sarebbe andata a buon fine. Mostrare, attraverso una copertura a mezzo stampa, che l’aumento era necessario e che i dottorandi lo meritavano poteva essere utile, o almeno questa era stata la mia valutazione. In ogni caso i meriti furono anche in questa occasione correttamente attribuiti.

Uscirono articoli che si richiamavano alla vicenda e al sondaggio sulle edizioni locali de La Repubblica, Il Corriere e Il Giorno. In particolare, tra i giornalisti raggiunti vi era anche AP, autore di un articolo il 7 aprile 2016 su Il Giorno. Il 4 aprile 2016, con tre giorni di anticipo, avvisai della cosa tramite email proprio i tre protagonisti FB, GP e MP:

“Ciao ragazzi,

domani, per un caso che direi più che fortuito, dovrebbe uscire un altro articolo, stavolta su Il Giorno. […] Sicuramente ci saranno delle interviste […] e forse qualcosa sul sondaggio.

Non ricevetti alcuna risposta negativa in tal senso. Con questo si conclude qualsiasi opera di divulgazione di questo sondaggio e dei suoi risultati da parte mia.

Molto tempo dopo che i dati erano stati dati ai giornali e resi pubblici, a fine novembre 2016, vengo ricontattato da AP, il giornalista dell’articolo di cui sopra. AP si dichiara interessato a riprendere la vicenda in concomitanza con il versamento sul conto corrente dell’atteso aumento, nell’ottica di rilanciare il “modello Milano” (i. e. l’aumento della borsa) estendendolo su scala nazionale. Occorre sottolineare che nel successivo articolo del 2 dicembre 2016 su La Stampa AP citerà sostanzialmente gli stessi dati che aveva già usato nell’articolo de Il Giorno del 7 aprile 2016.

Tuttavia, l’articolo, oltre ad una grandissima ricaduta in termini di visibilità e condivisioni in tutta Italia, scatena la polemica per la frase che ho già ricordato:

Lo slalom tra i costi della vita e della ricerca a Milano è stato analizzato da Giulio Formenti, rappresentante dei dottorandi della Statale con l’ausilio del Nasp, il centro studi sociali dell’ateneo.”

Analizzato. Ciò che scatena questa catena di reazioni nei miei confronti è una singola parola (parola che per inciso non ho scritto io).

Ma come diceva Nanni Moretti dopotutto le parole sono importanti. E d’altra parte, come rileva GP nella sua richiesta di rettifica il sottoscritto non ha partecipato allo studio. Quindi si è appropriato ‘parzialmente’ di un’opera scientifica altrui. Quindi è colpevole di plagio. Parzialmente, perché il NASP, seppur malamente, è stato citato (ma non FB, GP o MP, questo anche perché banalmente i quotidiani tendono a citare le figure pubblico-istituzionali).

Ma le cose stanno davvero così? E’ l’autore stesso dell’articolo AP a chiarire, nella controreplica alla richiesta di rettifica di GP, lo stato delle cose:

“In base ai documenti visionati da La Stampa, il rappresentante dei dottorandi, Giulio Formenti, ha seguito lo studio nei minimi dettagli dopo averlo commissionato al Nasp come strumento aggiuntivo alla petizione. Il Nasp è stato correttamente citato e l’acronimo è stato semplificato per ragioni di spazio.”

Che farci? ‘E’ la stampa, bellezza!’ direbbe Humphrey Bogart.

Il mio contributo al sondaggio.  Ma come nasce allora quest’idea dello studio che ho prontamente fatto mia senza in alcun modo prendervi parte?

Il 25 gennaio 2016, poco dopo essere stato ufficialmente eletto rappresentante, decido di convocare un primo incontro pubblico tra i dottorandi di Unimi. Tra le risposte che ricevo vi è anche quella di GP, il quale mi chiede di poter presentare i risultati di un sondaggio sul costo della vita promosso tra una settantina di dottorandi del NASP. Ovviamente accetto, e nel corso della discussione successiva, nasce l’idea di rilanciare il sondaggio estendendolo a tutto l’Ateneo nell’ottica di sostenere la richiesta di aumento fatta tramite la petizione online.

Di comune accordo decidiamo di procedere. FB e GP (ad un certo punto con l’ausilio di MP) cominciano a redigere una prima bozza di questionario mentre io vengo incaricato di capire attraverso il CTU (Centro Tecnologico Universitario) di Unimi se sia possibile realizzare un sondaggio online che fornisca un sistema di autenticazione ufficiale per la partecipazione dei dottorandi al questionario. Qualche tempo dopo vengo ricontattato da FB con la bozza di sondaggio e mi viene chiesto di proporre modifiche: la mia risposta contiene un elenco numerato con 28 suggerimenti di modifica. Mi viene inoltre chiesto di contattare altri dottorandi per un beta test.

Fatte tutte le modifiche del caso, il 7 marzo 2016, in qualità di rappresentante della generalità dei dottorandi Unimi, invio una mail ufficiale a tutti i colleghi chiedendo di compilare il sondaggio in quanto potenziale strumento utile al fine di raggiungere l’obiettivo dell’aumento della borsa. Rispondono positivamente 458 colleghi (quasi il 45%).

Da ultimo, in una notte frenetica prima della presentazione dello studio al CdA, lavoro sulla bozza di slide prodotte da MP per la lettera di accompagnamento al CdA, di modo che questi documenti trasmettano nel miglior modo possibile la necessità della nostra (giusta) richiesta d’aumento.

Dubito che facendo uno sforzo di onestà intellettuale si possa sostenere che non ho in alcun modo partecipato alla produzione dello studio. Ne approfitto comunque per annunciare che rinuncio ad essere elencato come coautore in qualsiasi lavoro scientifico dovesse derivare dallo studio oggetto del contendere.

La rappresentanza.  Sono convinto che per una persona estranea ai fatti descritti sia abbastanza difficile comprendere il livore raggiunto dai toni di FB, GP e MP nell’escalation delle ultime settimane verso persone con cui, come si vede, per un tragitto non piccolissimo hanno attivamente collaborato. Per poterlo meglio comprendere è utile fare un passo indietro. Tutta questa vicenda infatti inizia un po’ prima dei fatti che vi ho raccontato sopra.

Dei tre protagonisti di questa vicenda (FB, GP e MP), due li ho incontrati quando ancora non ero rappresentante nel Senato Accademico. In particolare, il primo incontro di cui abbia memoria con FB e GP risale ad un momento di confronto che, proprio durante la campagna elettorale per il Senato, di concerto con la mia ‘sfidante’ avevamo organizzato per presentarci ai rappresentanti dei dottorandi eletti all’interno dei singoli corsi di Unimi. Nel corso di questo incontro FB (rappresentante) e GP (non rappresentante) erano venuti in quanto amici dell’altra candidata. A quanto mi risulta l’avevano sostenuta fin dalla sua prima candidatura, già un anno prima. Insieme a loro erano anche presenti alcuni dottorandi e assegnisti di un’altra università milanese, la Bicocca, in qualità di membri dell’associazione ADI (di cui MP diventò poi esponente di spicco) che all’epoca aveva anche lei appoggiato la candidatura della mia ‘sfidante’. Io mi ero presentato solo.

Comunque, cosa successe poi è storia nota: venni eletto io, e successivamente l’università decise di accogliere la richiesta d’aumento contenuta nella petizione online.

Le nostre debolezze.  Cosa spiega allora l’inversione di 360° nel comportamento di FB, GP e MP tra aprile e dicembre?

Una ‘curiosa fatalità’ – non saprei come altro definirla – volle che proprio alcuni membri del comitato elettorale della mia sfidante (compresi FB, GP e MP e la mia stessa sfidante) facessero parte del consorzio ‘interuniversitario’ di cui Unimi è sede amministrativa nel quale, come recita il testo della delibera del CdA, “in attesa della ridefinizione delle collaborazioni attualmente in essere con le altre università, è stato deciso di non elevare il valore delle borse di studio.”

Quindi FB, GP e MP, nonostante lo sforzo profuso, non videro i frutti del proprio lavoro. Tanti altri sì, me compreso. In coscienza posso dire che nel mare delle scelte possibili ero convinto di fare quelle più giuste. Quelle che avrebbero massimizzato i benefici per la collettività. Posso umanamente comprendere lo scoramento associato al fallimento. Ma non posso giustificare le indegne accuse che mi sono state rivolte.

In una serie di conversazioni telefoniche avevo poi fatto presente a FB che non dovevamo arrenderci, che dovevamo organizzarci per portare a casa il risultato di estendere l’aumento a più dottorandi possibili e che da parte mia ci sarebbe stato il massimo sostegno. Tuttavia non ricevetti più alcun contatto diretto o richiesta in tal senso da loro fino alle reazioni all’articolo di fine novembre dove mi si accusava di plagio. Eppure è chiaro come l’articolo de La Stampa andasse esattamente nella direzione di estendere l’aumento su scala nazionale.

Imparare dai propri errori.  La diffamazione nel nostro ordinamento è un reato e può essere perseguita sia in sede penale che civile. Seppur convinto che infine avrebbe un esito positivo, difendermi come si deve nelle sedi opportune richiederebbe un debito di energie che possono essere sicuramente meglio spese. Stavolta passi.

Auspico però che chi si è macchiato di tali infamie gratuite se proprio non intende scusarsi quantomeno rifletta una volta per tutte sull’opportunità del proprio gesto. Imparando, come fanno tutte le persone di buona volontà e sana costituzione, dai propri errori.

Per completezza segnalo a tutti quanti qual’è la procedura corretta quando si ritengono lesi i propri diritti di proprietà intellettuale. La buona prassi prevede di contattare le persone interessate per un chiarimento. Qualora non soddisfatti, ci si può poi rivolgere alle strutture preposte e in particolare, per la nostra università, al Comitato Etico (artt. 11 e 13 del Codice Etico).

Cosa stiamo ricercando?  Dovevo un pubblico chiarimento a quanti mi hanno sostenuto e mi sono stati vicini in questi mesi. Spero di avervi convinto della bontà del mio operato e dell’inconsistenza delle accuse che mi sono state rivolte.

Oltre che per il senso dell’onore che si accompagna al mio ruolo di ricercatore e di rappresentante, mi dispiace profondamente per la situazione che si è creata perché è davvero molto difficile far riconoscere e valorizzare la nostra professionalità all’interno dell’Ateneo, ancor più se la nostra comunità è lacerata da lotte intestine.

Ad ogni modo, con questo messaggio considero – ad oggi – chiusa per me la questione. Verrei meno al mio ruolo di vostro rappresentante se da domani non tornassi ad occuparmi di cercare di estendere i diritti di tutti i dottorandi (oltre che, lo ammetto, del mio percorso di dottorato).

Detto questo, non ho certo la pretesa di avere diritto all’ultima parola. In questo senso spesso mi piace citare il mio ‘eroe borghese’ Charles Darwin che, parlando di cose più interessanti, diceva:

“Sarà una lunga battaglia, anche dopo che saremo morti e sepolti…grande è il potere del travisamento.”

In cuor mio spero che non dovremo attendere la sepoltura per mettere tutti quanti la parola fine a questa vicenda. Comunque vada, nel frattempo dovremo cercare di dare di noi un’immagine d’integrità e professionalità nonché cercare di costituire un corpo dottorale unito che ci garantisca tutele sempre crescenti, dando lustro al nostro ruolo. Per questo, pur con i nostri umani limiti, nell’Accademia di cui aspiriamo a fare legittimamente parte dovremo continuare a coltivare esclusivamente il pensiero critico e le certe dimostrazioni.

Noi siamo il futuro, non dimentichiamocelo mai.

Buon 2017,

 

Giulio

La mia concezione filosofica di verità.

Standard post by formenti on 2016-12-29
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Qualcuno dice che siamo nell’era della post-verità. Io dal canto mio mi considero un positivista (qualunque cosa esattamente ciò oggi significhi, mi perdonino i colleghi filosofi) nel senso che credo che una ‘verità’, uno stato delle cose e dei processi del mondo in cui viviamo, realmente esista. E che questa ‘verità’, nella limitata misura in cui può essere trasposta in parole, possa e meriti di essere conosciuta.

Come si riconosce allora la ‘verità’? Anni fa un caro amico mi sottopose il passaggio di un libro che, pur avendo già letto, non avevo evidentemente degnato della necessaria attenzione:

“Il reale vantaggio della verità è che quando un’opinione è vera la si può soffocare una, due, molte volte, ma nel corso del tempo vi saranno in generale persone che la riscopriranno, finché non riapparirà in circostanze che le permetteranno di sfuggire alla persecuzione fino a quando si sarà sufficientemente consolidata da resistere a tutti i successivi sforzi di sopprimerla.” (Sulla Libertà – John Stuart Mill; traduzione di Stefano Magistretti).

Mill in sostanza dice che la verità dispone di una sola proprietà che la distingue dalle menzogne. Essa non è intrinsecamente più forte, migliore o più brutta, e nemmeno più bella. Può essere facilmente celata, distorta, schiacciata e annientata, solo molto raramente esaltata. Tuttavia, la verità ha quest’unica, essenziale proprietà: essa è l’unica ad essere intessuta nella trama stessa del reale. E’ ciò di cui è intrisa la materia stessa delle cose, degli eventi, delle cause e degli effetti. Questo determina la sua unica proprietà fondamentale: non importa quanto venga celata, non importa quanto venga distorta, annientata o schiacciata: la verità, come l’araba fenice, costantemente risorge. Possono volerci minuti, giorni, anni o persino secoli. Ma finché la verità non viene alla luce c’è sempre qualcosa che non torna nei racconti alternativi.


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ENGLISH BELOW
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Il Natale si avvicina. Oltre agli auguri di Buone Feste ​ci terrei a segnalare che la nostra università, di concerto con la CRUI (Conferenza dei Rettori Italiani), ha aderito alle iniziative di raccolta fondi delle università di Camerino e Macerata colpite dai terremoti di quest’anno:
 
E’ possibile donare sui conti correnti costituiti dalle due università:
 

Università degli Studi di Camerino
Direttamente tramite il sito: https://www.ilfuturononcrolla.it/

oppure

Nuova Banca delle Marche
IBAN IT09 Y060 5568 8300 0000 0014 851
BIC  BAMAIT3AXXX

Università di Macerata
Intesa SanPaolo
IBAN IT92T0306913401100000046013
BIC  BCITITMM
Causale: Donazione Unimc Sisma2016

Con donazioni uguali o superiori a 15 euro l’Università di Camerino invierà a casa una maglietta e con 30 euro anche un profumo.
I fondi raccolti andranno interamente alla costruzione di collegi studenteschi (Camerino) e nella ricostruzione e riparazione delle strutture storiche colpite (Macerata).
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Christmas is getting near. In addition to my best holiday wishes ​I would like to mention that our university has joined the fundraising effort of the Camerino and Macerata universities that were struck by the earthquakes this year:
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You can donate using the information below:

Università degli Studi di Camerino
Directly from their website: https://www.ilfuturononcrolla.it/

or

Nuova Banca delle Marche
IBAN IT09 Y060 5568 8300 0000 0014 851
BIC  BAMAIT3AXXX

Università di Macerata
Intesa SanPaolo
IBAN IT92T0306913401100000046013
BIC  BCITITMM
Motive: Donazione Unimc Sisma2016

If you donate 15 euros or more to the University of Camerino they will send a t-shirt and with 30 euros or more also a perfume.
The money collected will be devote to build new dorms (Camerino) and to restore the historical buildings (Macerata).

Previo consenso degli interessati, si pubblicano le slides dell’incontro sull’avvenire di noi giovani ricercatori.

Maurizio Zani racconta l’esperienza della Consulta Cittadina per l’Università, Claudio Gandolfi spiega secondo quali principi ispiratori e con quali risultati Unimi conduce la sua “Terza Missione” mentre Giuseppe De Nicolao muove le sue critiche alle azioni promosse in ambito universitario dal precedente Governo Renzi.

Nel corso dell’incontro l’Assessore alla Mobilità e Ambiente del Comune di Milano, Marco Granelli, ha ricordato come, di concerto con l’Università degli Studi di Milano considerata come una comunità di utenti che si estende ben oltre il personale a tempo indeterminato, si stia cercando di estendere le convenzioni in essere per agevolare i costi del trasporto pubblico anche ai non strutturati dell’Ateneo (in particolare Dottorandi e Assegnisti).

Slides_Zani

Slides_Gandolfi

Slides_De_Nicolao

 


Duecento euro in più nella busta paga non cambiano la vita, ma permettono di arrivare a fine mese più sereni, soprattutto per chi fa ricerca in una città come Milano dove con la borsa di studio si riesce a stento a sopravvivere. Lo slalom tra i costi della vita e della ricerca a Milano è stato analizzato da Giulio Formenti, rappresentante dei dottorandi della Statale con l’ausilio del Nasp, il centro studi sociali dell’ateneo. Un questionario che accompagnato da una petizione online ha convinto il rettore, Gianluca Vago, a concedere duecento euro netti in più ai dottorandi. La borsa di studio è passata così da 1016 a 1218 euro, dal 24 novembre già nei conti correnti degli oltre mille dottorandi della Statale. Un aumento che ora fa gola ai dottorandi di tutti gli altri atenei italiani, che, da Napoli a Torino, vogliono imitare “il modello Statale”.

Continua a leggere sul sito de La Stampa:

http://www.lastampa.it/2016/12/02/italia/cronache/milano-quanto-mi-costi-nella-citt-verticale-vivere-da-dottorando-costa-minimo-euro-al-mese-wQyjJdBoOkcDvijPZornAK/pagina.html

Esonero dalle tasse per i senza borsa!

Standard post by formenti on 2016-12-09
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Mercoledì 7 dicembre sarà molto probabilmente ricordato tra le date storiche per i nostri diritti di dottorandi. Infatti, nonostante il clima di incertezza politico-istituzionale in cui versa il Paese, l’approvazione della Legge di Stabilità con la fiducia ha portato con sé questa piccola dirompente frase:

“Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari della borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse o contributi a favore dell’università.”

Questo emendamento, presentato dal parlamentare del Partito Democratico Manuela Ghizzoni il 21 novembre (link), deriva dal lavoro portato avanti in questi mesi da ADI (Associazione Dottorandi Italiani):

https://dottorato.it/content/abolite-le-tasse-sul-dottorato-senza-borsa

Ora che questo provvedimento – quest’idea che il dottorando non borsista che già si trova in una condizione mediamente più difficile rispetto a quella dei suoi colleghi non debba essere ulteriormente vessato – è legge dello Stato, bisognerà vigilare sulla sua applicazione.
Personalmente avevo già espresso l’intenzione di intervenire in questa direzione quale parte del mio programma elettorale e avevo conseguentemente tentato di sensibilizzare il nostro CdA in questa direzione già a marzo, quando si è deciso di incrementare il valore delle borse di dottorato.
Ora mi impegno a vigilare affinché questo provvedimento venga applicato dalla nostra università nei modi e nei tempi consoni.

——–

Last Wednesday the Italian parliament has approved the budget law for 2017 which includes a historical achievement for our rights as Ph.D. students: the total exemption from fee payment for Ph.D. students without scholarship.

For this result we have to thank the On. Manuela Ghizzoni and ADI (Associazione Dottorandi Italiani):

https://dottorato.it/content/abolite-le-tasse-sul-dottorato-senza-borsa

Now it will be important to keep an eye on its implementation. Since this was part of my electoral programme, I will pledge to that this will apply a soon as possible for our Unimi colleagues.

Lettera CdA 30.3.16

Standard post by formenti on 2016-12-09
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Egregi Consiglieri,

Anticipando, in qualità di rappresentante dei dottorandi in Senato accademico e limitatamente a quanto di mia pertinenza, la discussione nell’organo di cui faccio parte, sentiti i miei colleghi e rappresentanti nei singoli corsi, mi sento di portare alla Vostra valutazione alcuni fatti e considerazioni.

Nelle ultime tre settimane, a seguito dell’attenzione manifestata da parte degli organi di governo dell’Ateneo verso la petizione promossa dallo scrivente e da alcuni colleghi – e tempestivamente sottoscritta da larghissima parte dei dottorandi della Statale – per l’aumento dell’importo della borsa di dottorato, abbiamo intrapreso, con volontà conoscitiva e istruttoria, un vero e proprio censimento sul costo della vita atto a valutare la situazione economica dei dottorandi Unimi.

Al censimento, specificatamente realizzato e successivamente elaborato da alcuni dottorandi del NASP (Network for the Advancement of Social and Political Studies) e somministrato per via telematica, hanno partecipato 458 colleghi regolarmente autenticati tramite numero di matricola. Vorrei sottolineare che, anche se la predisposizione del relativo questionario e la sua somministrazione hanno seguito le buone prassi delle discipline di riferimento, esso ha lo scopo esclusivo di cercare di fornirVi, per quanto nelle nostre facoltà e di nostra competenza, qualche elemento utile alla valutazione.

Ci tengo altresì immediatamente a precisare che la presente lettera, accompagnatoria dei risultati del censimento, è intesa esclusivamente a portare alla Vostra attenzione alcune posizioni che mi appaiono condivise all’interno del corpo dottorale e non vuole essere in alcuna misura lesiva delle prerogative dei membri del Consiglio, ai quali si riconosce – naturalmente – la piena autorità decisionale, di diritto e di fatto, in merito alla definizione dei nostri percorsi di dottorato, specialmente sotto il profilo economico.

Dai primissimi risultati del questionario emerge come il 45% dei rispondenti non sia in grado di affrancarsi dall’abitazione della famiglia d’origine e chi lo fa spende il 50% della borsa per il solo affitto. I dottorandi stranieri spendono il 34% in più nelle spese fisse (alloggio, alimentazione, trasporti e salute) dovendo quindi fare ricorso a risorse ulteriori per le altre spese (es. visita alla famiglia) e rendendo certamente poco appetibile la nostra offerta d’Ateneo. Risulta inoltre che, ad oggi, il 50% dei dottorandi non è in grado di effettuare alcuna missione durante l’anno, il che si traduce, tra l’altro, in una ridotta visibilità per l’Ateneo.

Anche sulla base di questi elementi, che sollevano ragioni di opportunità, di equità sociale e di riconoscimento di status, mi permetto di ribadire la necessità dell’aumento da noi richiesto nella misura minima dei duecento euro netti mensili per tutti i dottorandi facenti riferimento al nostro Ateneo e pertanto, qualora vogliate procedere in tal senso, vi esorto, ove possibile e per quanto di competenza dell’Università degli Studi di Milano, a prendere la decisione più inclusiva possibile in merito alla platea degli aventi diritto (dottorati consorziati e con altri enti). Non ritengo di possedere né le competenze né le prerogative per entrare nel merito dell’applicazione di tale richiesta e pertanto mi limito a confidare pienamente nelle capacità del Consiglio e dell’Amministrazione universitaria, certo che gli eventuali problemi di ordine tecnico saranno risolti efficacemente e celermente.

Indipendentemente però da ciò che si potrà concretamente fare, ritengo che ogni ulteriore investimento strutturale profuso in un ambito così cruciale per il futuro di qualsiasi Accademia quale è la formazione dottorale, consapevole degli sforzi che esso comporta, non possa che essere di grande giovamento per l’intero sistema.

Come ulteriore elemento, aggiungo la convinzione che nelle moderne Accademie, ove si aspiri ad eccellere, sia necessario sottoporsi consapevolmente a forme sempre più accurate di valutazione, opportunamente condotte, che siano realmente effettive nel contribuire alle decisioni strategiche in merito alle risorse.

Per questo sarà sicuramente visto favorevolmente qualsiasi primo passo, seppur perfettibile, nell’applicazione di questo principio da parte dell’Ateneo anche per i dottorati.

Da ultimo, anche in virtù di quanto finora espresso, concedetemi una considerazione in merito alle tasse universitarie pagate dai dottorandi che non ricevono borsa di studio né dall’Università degli Studi di Milano né da altro Ente pubblico o privato. Nonostante tale percorso sia, in linea di principio e di fatto, frutto di una scelta personale, non si può non tener conto della disparità che ne può derivare nei confronti sia del dottorando sia dell’Ateneo in termini di equità, risorse e potenziale di impegno profuso.

Per questo vedo con estremo favore la direzione già intrapresa con successo dall’Ateneo di sfavorire l’istituzione di posti di dottorato senza borsa. Tuttavia, fintanto che anche per un numero minimo di soggetti – che ad oggi ci risulta di poco superiore alle venti unità  – l’Ateneo vorrà consentire tale forma di dottorato, vi chiedo di considerare la possibilità, anche alla luce dell’esiguità del gettito che ne deriva, di cancellare o perlomeno ridurre sensibilmente le tasse richieste a questi nostri colleghi, in linea con quanto già avviene in altri Atenei italiani.

In attesa di conoscere gli esiti delle Vostre valutazioni, Vi porgo a nome mio e dei miei colleghi i più Cordiali Saluti.

lettera d’accompagnamento CdA Unimi 30-3-16


lavvenire-di-noi-giovani-ricercatori

Questi gli interventi previsti:

  • Gianluca Vago (Magnifico Rettore di UniMi)
    Saluti

Tavola rotonda, modera Tommaso Bellini (Delegato del Rettore ai Dottorati di ricerca di UniMi)

  • Marco Granelli (Assessore alla Mobilità e Ambiente del Comune di Milano)
    Le politiche della città per la mobilità e l’ambiente, il rapporto tra istituzioni comunali e universitarie e il trasporto sostenibile per gli universitari
  • Maurizio Zani (Membro del Consiglio di Amministrazione del Politecnico di Milano, già Presidente della Consulta Cittadina per l’Università)
    Le università per Milano
  • Filippo Barberis (Capogruppo del Partito Democratico al Comune di Milano e Ph.D. alumnus di UniMi)
    Milano per le università
  • Claudio Gandolfi (Prorettore al Trasferimento delle Conoscenze di UniMi)
    La terza missione dell’università

Dibattito su Le novità introdotte dalla legge di stabilità  per il mondo universitario e i giovani ricercatori, modera Giulio Formenti (rappresentante dei dottorandi di UniMi)

  • Giuseppe De Nicolao (Cofondatore del sito d’informazione Roars)

Dopo il folgorante successo della recente campagna ministeriale in tema di fertilità, torno a parlare dei diritti di noi dottorandi.

Cosa prevede la nostra università (e più in generale la Legge) se durante il vostro percorso voi o la vostra compagna restate incinte?

Facile, vi spetta la maternità. Questo implica la possibilità di accedere all’INPS e ottenere l’erogazione di circa l’80% della borsa [1]. E inoltre avete diritto, secondo le regole interne di Unimi, al rimborso del restante (copertura completa, circa 20%) per i cinque mesi di maternità obbligatoria. Insomma per le dottorande della Statale il rimborso è del 100% della borsa nel periodo interessato.

Ciò in virtù di quanto disposto dall’art. 22 c. 10 del Regolamento Unimi in materia di dottorato di ricerca:

La frequenza del corso di dottorato è sospesa obbligatoriamente in caso di maternità, paternità, adozione e affidamento, ai sensi della vigente normativa in materia […] adeguatamente documentati. Alle dottorande si applicano le disposizioni a tutela della maternità di cui al decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale 12 luglio 2007.

Alcuni diritti dunque non valgono solo per la madre, ma anche in alcuni casi per il padre e non solo in caso di concepimento ma anche in caso di adozione o affidamento. Cosa prevede allora la normativa vigente, ed in particolare il decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale citato dal nostro regolamento (Decreto 247/2007)?

L’art. 1 c. 1 dice:

Il divieto di adibire le donne al lavoro per i periodi di cui all’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è esteso ai committenti di lavoratrici a progetto e categorie assimilate iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, di seguito definita «gestione separata», nonché agli associanti in partecipazione, a tutela delle associate in partecipazione iscritte alla gestione medesima.

Noi come sapete siamo iscritti alla gestione separata. Quindi le future e le neo mamme , per il periodo specificato dall’art. 16 del D.Lgs. 26/2001, non possono lavorare. Il periodo è così definito:

È vietato adibire al lavoro le donne (art. 16):

  1. durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’articolo 20;
  2. ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
  3. durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all’art. 20;
  4. durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.

Inoltre (art. 20):

  1. Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
  2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce con proprio decreto l’elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni del comma 1.

Qui si dice in sostanza che le donne possono decidere se assentarsi dal lavoro uno o due mesi prima del parto e nei tre o quattro mesi successivi,previo parere medico, fatto salvo che la durata complessiva del congedo di maternità non può comunque eccedere i 5 mesi [2].

Torniamo al D. 247/2007. L’ art. 5 recita:

  1. Alle madri lavoratrici iscritte alla gestione separata […] è corrisposta un’indennità di maternità per i periodi di astensione obbligatoria previsti dall’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. L’indennità è corrisposta anche per i periodi di divieto anticipato di adibizione al lavoro e per i periodi di interdizione dal lavoro autorizzati ai sensi dell’art. 17 del predetto decreto legislativo n. 151 del 2001.
  2. L’indennità di cui al comma 1 spetta alle lavoratrici in favore delle quali, nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile, risultino attribuite almeno tre mensilità della contribuzione dovuta alla gestione separata, maggiorata delle aliquote di cui all’art. 7. 3. L’indennità è corrisposta nella misura prevista dall’art. 4 del decreto 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 giugno 2002, n. 136, e secondo le modalità ivi previste, previa attestazione di effettiva astensione dal lavoro da parte del lavoratore e del committente e resa nelle forme della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

In buona sostanza, se avete “lavorato” per almeno tre mesi nei dodici mesi precedenti avete diritto all’indennità, fatto salvo che vi sia certificata l’effettiva astensione da parte del datore di lavoro (l’università).

Ma in quali casi di preciso spetta l’indennità? Ecco cosa dicono gli articoli rilevanti del Decreto del Ministero del lavoro 4/2002:

Art. 1. – Indennità di maternità

  1. […] alle madri lavoratrici iscritte alla gestione separata […] è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla data stessa. […]
  2. L’indennità di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.

Art. 2. – Indennità in caso di adozione o affidamento

  1. In caso di adozione o affidamento, l’indennità di cui all’art. 1 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i tre mesi successivi all’effettivo ingresso nella famiglia della lavoratrice del bambino che, al momento dell’adozione o dell’affidamento, non abbia superato i sei anni di età. 2. […]

E vale anche per i futuri papà, ma solo in caso di mancanza della mamma:

Art. 3. – Indennità di paternità

  1. […] al padre lavoratore […] è corrisposta un’indennità di paternità per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, o per il periodo residuo che sarebbe spettato alla lavoratrice madre, in caso di morte o grave infermità della madre o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
  2. In caso di adozione o affidamento l’indennità di cui al comma 1 spetta, sulla base dei requisiti di cui all’art. 2, anche in alternativa alla madre lavoratrice che non ne faccia richiesta.

E quanto spetta d’indennità?

Art. 4. – Misura dell’indennità e modalità di erogazione

  1. L’indennità di cui agli articoli precedenti è determinata per ciascuna giornata del periodo indennizzabile in misura pari all’80 per cento di 1/365 del reddito, derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa o libero professionale, utile ai fini contributivi, per i dodici mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile.
  2. L’indennità è corrisposta dalla competente gestione separata, a seguito di apposita domanda, presentata dagli interessati, corredata da idonea certificazione, con le modalità e nei termini stabiliti dall’Istituto erogatore, che tengano conto delle specificità delle denunce reddituali e contributive previste per ciascuna categoria di iscritti.

In sostanza l’INPS ci garantisce più o meno l’80% del reddito (della borsa) previa richiesta e con debita certificazione da parte dell’università. Ma non finisce qui perché fortunatamente la nostra università ha deliberato, per le dottorande con borsa Unimi, di contribuire direttamente per tutta la quota restante (circa il 20%). Quindi per i cinque mesi pre e post gravidanza le neo mamme saranno completamente retribuite ed inoltre non perderanno la fruizione della borsa (potendo in sostanza arrivare a 3 anni e 5 mesi di borsa). Inoltre questo reddito vale anche ai fini pensionistici [3].

E quando siamo ufficialmente una famiglia? Nell’art. 5 del medesimo decreto 4/2002 si disciplinano alcuni dei casi in cui si ha diritto agli assegni per il nucleo familiare.

Dunque, qualora quindi il ministero (o la vostra anima gemella) vi avesse convinto a riprodurvi nel più breve tempo possibile, sappiate che potete perlomeno contare su questi diritti.

 

Addendum

Come giustamente mi fa notare una nostra collega (che ha avuto ben due figli durante il dottorato, congratulazioni!!), si possono fare alcune precisazioni ulteriori (vedi richiami nel testo):

 [1] Più correttamente l’INPS rimborsa l’80% della somma delle 12 mensilità precedenti / 12 (lo stipendio medio dell’anno precedente). Come chiarito dall’art. 4 c. 1 del D. 247/2007 riportato più sotto.
 [2] Oltre ai 5 mesi obbligatori è possibile scegliere di usufruire di tre mesi aggiuntivi al 30% dello stipendio. Qui purtroppo Unimi non interviene.
 [3] Ovvero alla fine del dottorato vi troverete ad avere maturato 3 anni e 5 mesi di contributi pensionistici.  Un interessante e completo contributo sulla pensione dei giovani ricercatori (ahimè un po’ da aggiornare) è disponibile qui.